1. INIPEC - indice nazionale della posta elettronica certificata previsto dall’articolo 6- bis del CAD 2 Roma – via del Governo Vecchio, 3 – tel. 0039.06.977488 www.consiglionazionaleforense.it
2. INAD - indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese, previsto dall’articolo 6-quater del CAD
3. ANPR - anagrafe nazionale della popolazione residente, prevista dall’articolo 62 del CAD
4. Registro PP.AA - Elenco delle PEC delle Amministrazioni Pubbliche (ex art. 1, co. 2, D-Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e s.m.i) formato dal Ministero della giustizia e consultabile esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni esecuzioni e protesti, e dagli avvocati, previsto dall'articolo 16, comma 12, del D-L. 18 ottobre 2012, n. 179, conv. con mod. in L. 17 dicembre 2012, n. 221
5. Registro Imprese - registro dei domicili digitali delle imprese, previsto dall'articolo 16, comma 6, del D-L. 29 novembre 2008, n. 185, conv. con mod. in L. 28 gennaio 2009, n. 2
6. ReGIndE - registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della giustizia, contenente i dati identificativi nonché l’indirizzo di PEC dei: a. soggetti appartenenti ad un ente pubblico che svolgano uno specifico ruolo nell’ambito di procedimenti (ad esempio avvocati e funzionari dell’INPS e dell’Avvocatura dello Stato, avvocati e funzionari delle PP.AA.) b. professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge (ad esempio Consiglio dell’ordine degli avvocati o Consiglio nazionale del notariato) c. professionisti non iscritti ad alcun albo professionale ma nominati dal giudice come consulenti tecnici d’ufficio o, più in generale, ausiliari del giudice o che appartengono ad ente/ordine professionale che non abbia ancora inviato al Ministero della giustizia l’albo previsto dall’art. 7 del (“Regolamento”) D.M. del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44, ai sensi dell’articolo 4, commi 1 e 2, del D-L. 29 dicembre 2009, n. 193, conv. in L. 22 febbraio 2010 n.24 e s.m.i.
7. IPA - indice dei domicili digitali della pubblica amministrazione e dei gestori di pubblici servizi, previsto dall’articolo 6-ter del CAD (utilizzabile per l’invio di comunicazioni elettroniche aventi valore legale “in caso di mancata comunicazione” dell’indirizzo di posta elettronica certificata delle amministrazioni pubbliche al Registro PP. AA., ove risultino indicati per la stessa amministrazione più domicili digitali).
Come può facilmente immaginarsi il lavoratore disabile è costretto ad assentarsi con maggiore frequenza dal lavoro rispetto ad un lavoratore che ha piena integrità fisica, e ciò a causa della sua patologia invalidante.
Quando la malattia si protrae per un certo periodo, il lavoratore può essere licenziato per il superamento del cosiddetto “periodo di comporto”.
La maggior parte dei Contratti Collettivi non prevede un trattamento migliorativo del lavoratore disabile rispetto alla regola generale.
La Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 9095/2023 ha preso in considerazione tale problematica stabilendo la nullità di un licenziamento riguardante un lavoratore portatore di handicap, adottato dall’azienda, avuto riguardo al periodo massimo di comporto previsto dal CCNL che, poiché tale CCNL non aveva previsto una differenziazione tra i dipendenti “normali” e quelli disabili. La Corte ha ravvisato in tale disposizione contrattuale una sorta di discriminazione indiretta.
Se da una parte vien da dire … finalmente!!!, dall’altra sarà da verificare se tale provvedimento potrà indurre nella parte datoriale l’accentuarsi di remore nella valutazione di procedere ad assunzioni protette in base alla legge n. 68 del 1999.
Il D.L. n. 48 del 4 maggio 2023, detto DECRETO LAVORO, ha novellato la disciplina del contratto di lavoro a termine, modificando le causali che consentono l’estensione oltre l’anno.
Per il primo anno (e per un solo primo contratto) infatti il lavoratore continua a poter essere assunto con un contratto a termine senza la precisazione di alcuna causale, e questo vale anche per le eventuali proroghe, sempre che complessivamente non si superi l’anno.
Nel caso venga stipulato un successivo contratto o il contratto sia di durata superiore ad un anno, esso deve essere sorretto dall’esplicitazione di una causale.
Il D.L.n. 48 ha cancellato le precedenti causali e le ha sostituite con le seguenti.
a) nei casi previsti dai contratti collettivi nazionali stipulati dalla OO.SS. comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o aziendali stipulati dalle loro RSA o dalla RSU;
b) in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
b-bis) in sostituzione di altri lavoratori.
Ciò significa che fino al 30 aprile 2024 le causali potranno essere attinte dal contratto collettivo applicato in azienda anche se stipulato da OO.SS. non maggiormente rappresentative, oppure su causali individuate di comune accordo dal datore di lavoro e dal lavoratore.
CGIL, CISL e UIL hanno sottolineato la contrarietà a una simile soluzione in quanto favorirebbe il precariato. Il Governo invece afferma che il D.L. 48 offre una grande opportunità per le organizzazioni sindacali, in quanto le renderebbe arbitre della determinazione dei casi in cui potrebbe estendersi il contratto a termine ed anche per questo sarebbe favorita l’occupazione.
Suscita perplessità immaginare che OO.SS contrarie a detto strumento possano mettersi a determinare causali per allungare un contratto di lavoro precario.
Suscita ulteriore perplessità inoltre il fatto che un lavoratore, a cui viene proposta la stipulazione di un contratto a termine possa essere in grado di individuare una valida causale (esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva ammesso che sussistano) e di conseguenza sottoscrivere consapevolmente l’accordo con il datore di lavoro.
Spero che in sede di conversione il Parlamento effettui una riflessione su questo passaggio, provvedendo all’eliminazione o alla modifica.